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fig.1

Archi egizi compositi

Questi sono alcuni degli oltre trenta archi
composti trovati nelle tomba di Tutankhamon.
Ora sono esposti nel museo del Cairo.
A causa della loro forma sono detti 'delta', con
riferimento alla maiuscola della lettera greca,
o più frequentemente 'angolari'.

fig.2

Si tratta di archi dotati di grande flessibilità,
in grado di offrire potenza e precisione anche
con dimensioni ridotte.

La loro caratteristica principale sta nel fatto
d'essere costruiti con l'asta di legno rinforzata:
all'interno con corno resistente alla compressione,
all'esterno con tendine resistente alla trazione.

Vi sono ragioni per credere che questa tecnica
di costruzione sia stata sviluppata in Mesopotamia
e quindi introdotta in Egitto attorno al XVII sec. a.C.

Le estremità dei flettenti hanno sedi su cui
infilare i cappi terminali di una corda fatta
con strisce di budello attorcigliate.

Questo tipo di arco, con la stessa forma e le
medesime dimensioni, è presente sui bassorilievi
e nelle pitture egizie dei secoli successivi, ma
lo si può trovare anche sulle ceramiche greche
del V secolo a.C.

Successivamente, la tecnologia dell'arco composito,
con l'aggiunta di elementi rigidi posti alla estremità
dei flettenti, è divenuta qualità specifica dell'arco
persiano, turco e mongolo.

fig.2

Un arco di forma perfettamente angolare è
quello qui accanto, raffigurato allo stato non teso
nelle mani di Ramesses III, mentre è sul suo carro
al termine della battaglia.

Confrontando questa immagine con quella
successiva, che ritrae il faraone pronto al tiro,
si può osservare una bizzarra particolarità di
questo arco, capace di passare da un assetto
del tutto rettilineo ad una forma perlopiù arcuata.

 

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Ramesse III alla battaglia contro i 'popoli del mare'
particolari di bassorilievi murali
XX dinastia, ca. 1200 a.C.
tempio di Medinet Habu

L'ultima immagine, resa più leggibile per il fatto
d'essere liberata da inutili particolari di contorno,
è tratta dalla copertina di:
Archi e frecce nell'antico Egitto,
Franco Di Donato, 1984
pubblicato dal Museo di Storia Naturale di Milano

 

fig.3

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settembre 2007